Il medico del futuro, tra scienza, coscienza e… fantascienza!


a cura di Elisabetta Cofrancesco, medico. Abstract presentato al Festival della Bioetica 2019: IL FUTURO – Uomo, Ambiente, Animali, Santa Margherita Ligure 29 e 30 agosto 2019

Quando soffia il vento del cambiamento, alcuni costruiscono dei ripari, altri costruiscono dei mulini a vento (Proverbio cinese)

Lo sviluppo sempre maggiore dei sistemi informatici e dell’intelligenza artificiale (IA) cambia ogni giorno il mondo che conosciamo spingendolo verso nuovi scenari di conoscenza, di capacità tecnologiche e di relazioni sociali. Anche la medicina subisce queste trasformazioni: le innovazioni tecnologiche sempre più avanzate hanno permesso di superare limiti che prima si pensavano insuperabili, ma stanno anche creando nel collettivo la convinzione che la medicina, grazie alle macchine e alla tecnologia, possa diventare onnipotente e infallibile.

Il malato è diventato sempre più web-dipendente e digitalizzato: si informa su internet, dispone di App e dispositivi per monitorare il suo stato di salute o prenotare visite e appuntamenti, possiede un Fascicolo Sanitario Elettronico, può comunicare col medico via mail o sms, può ricevere sul suo telefonino la videoconsulenza di un medico di una qualsiasi parte del mondo, mediata da una piattaforma informatica (v. GP at hand, la App Babylon Health in sperimentazione nel Regno Unito).  

Grazie alle promesse dell’IA e delle sempre più nuove tecnologie artificiali il malato si aspetta diagnosi brillanti, cure sempre più efficaci in termini di precisione e personalizzazione e maggiore efficienza del sistema organizzativo. Tutto questo, insieme alle terapie digitali, alla chirurgia robotica, alle neuroprotesi e molto altro ancora alimenta sempre più l’idea che la guarigione dalla malattia come pure il recupero delle facoltà motorie perdute sia sempre e comunque possibile, una sorta di illusione di onnipotenza, di desiderio di immortalità. In poche parole il malato diventa sempre più esigente (e aggressivo) e la relazione medico-paziente sempre più in crisi.

D’altro canto anche il modo di essere del medico è cambiato. In questi ultimi 30-40 anni i medici hanno sopportato nella loro professione cambiamenti importanti, rapidi e, specialmente negli ultimi anni, peggiorativi delle loro vite. Il sapere medico è stato confinato dalla prassi (e dalla giurisprudenza) alle linee guida e ai protocolli, il ‘fare’ richiesto dalle amministrazioni spesso è al di là delle umane possibilità fisiche, il saper essere e la relazione sono resi impossibili dai tempi dettati dall’organizzazione e dalla scarsa formazione dei professionisti. Secondo le più recenti rilevazioni statistiche oltre il 50% dei medici è sotto stress o in burnout.

Che tipo di risposte questa medicina sempre più tecnologica e amministrata e questo medico stressato e insoddisfatto possono dare a un malato sempre più esigente? Il medico del futuro sarà costretto a una ulteriore complessa formazione per acquisire le competenze digitali e diventare un esperto di algoritmi? che ne sarà dei tradizionali valori personali (integrità, senso di responsabilità e del dovere, propensione allo studio e all’aggiornamento, empatia, intuizione, altruismo…)? che ne sarà delle tradizionali competenze professionali (visita medica e esame obiettivo, diagnosi, prognosi)? andranno progressivamente a ridursi? e che ne sarà della relazione con il malato già così in crisi?

Quando non si può tornare indietro, bisogna solo preoccuparsi del modo migliore per avanzare (P.Coelho).

Molti medici vedono in queste straordinarie innovazioni tecnologiche dei potenti alleati capaci di migliorare l’efficienza dei processi clinici, di diminuire la probabilità di errori, di ridurre o eliminare molte incombenze burocratiche e amministrative, di avere più tempo per una relazione di qualità con il malato e ripristinare così la ‘connessione’ più preziosa e antica, ovvero la fiducia.

Una prospettiva molto interessante, ma … siamo pronti per questo cambiamento? e se sì, ‘quanto’ siamo pronti?

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