Il ruolo della relazione terapeutica nel processo di cura: il counseling integrato


Al paziente non basta essere ‘curato’. Ha anche bisogno di sentirsi compreso e ascoltato. Un aiuto arriva dal Counseling, con nuovi strumenti di comunicazione – verbale e non verbale – e di ‘lettura’ del corpo dell’altro che consentono di integrare le proprie competenze professionali.

Un recente studio dell’Organizzazione Mondiale della Sanità ha messo in evidenza che il 75% dei malati non ha nessun disturbo organico evidente. Ciò significa che l’approccio medico tradizionale è in difficoltà: il modello organicista, anche se di alto livello, adottato in prevalenza dagli operatori del settore, non è più sufficiente a soddisfare la grandissima maggioranza dei pazienti.

Questi, oggi, sembrano infatti essere bisognosi di qualcosa in più rispetto alle mere competenze tecniche: qualcosa che ha a che fare con il sentirsi accolti, compresi, accettati, ascoltati. Qualcosa, dunque, che implica aspetti psichici e affettivi e coinvolge la relazione stessa del paziente con gli ‘esperti’ che a diverso titolo si stanno prendendo cura di lui.

Diventa quindi sempre più urgente fornire agli operatori del settore una serie di strumenti relazionali che vadano a integrare le loro competenze specialistiche: affinché i pazienti, nelle loro mani, non si sentano  soltanto corpo senza un’anima ma possano al contrario sentirsi accolti e accuditi nella loro interezza di esseri umani.

Molta letteratura in materia sembra inoltre indicare chiaramente che il ‘plus’ di attenzioni più o meno implicitamente richiesto dal paziente – e va comunque sottolineato che la non consapevolezza del bisogno non lo rende meno reale, semmai è vero il contrario – non rimarrà senza effetti ai fini della guarigione, qualsiasi sia la ‘malattia’ di cui egli soffre.

La relazione terapeutica, e quindi il legame privilegiato di fiducia tra paziente e terapeuta, sono alla base del processo di adesione e coinvolgimento del paziente nel processo terapeutico. Senza la compliance del paziente è molto difficile fare una buona terapia.

Come evidenziato in uno studio recente, è ampiamente riconosciuto che la medicina ha bisogno di spostarsi da un modello esclusivamente biomedico a un modello bio-psico-sociale nella comprensione di salute e malattia. In quest’ottica, nel processo terapeutico entra prepotentemente in gioco il terapeuta come persona, con le sue qualità umane, e non solo con l’adeguatezza delle tecniche che utilizza, e con le proprie capacità di accoglienza, accettazione, comprensione e sostegno di colui che soffre.

Poiché queste tematiche sono oggi sempre più largamente sentite e condivise, sono stati identificati alcuni strumenti atti a facilitare le dinamiche della relazione d’aiuto, sia questa una relazione di psicoterapia o counseling oppure una relazione tra operatore sanitario e paziente.

Particolarmente interessante, in questo contesto, è l’approccio del Counseling Integrato Corpo-Mente e Tecniche dell’Energia (CoMeTE), un approccio che riassume e contiene i principi fondanti di diverse scuole di pensiero: l’Approccio Centrato sulla Persona di Carl Rogers, la Bioenergetica di Alexander Lowen, le Costellazioni famigliari secondo Bert Hellinger, la mindfulness e le tecniche immaginative secondo Milton Erickson, alcune tecniche di consapevolezza corporea ispirate alle tradizioni yogiche,  l’ArtCounseling (musica, danza-movimento, arti visive).

L’Approccio Centrato sulla Persona nasce nel secolo scorso per opera di uno psicologo americano: Carl Rogers, uno dei grandi maestri della psicologia umanistica. Nella visione dell’Approccio Centrato sulla Persona, l’efficacia di una relazione di aiuto dipende in gran parte dalla qualità della relazione stessa. E i presupposti di una buona relazione sono tre, tra loro strettamente correlati: empatia, accettazione incondizionata e congruenza.

L’empatia è quella qualità che consente di entrare in contatto con l’essenza dell’altro e di comprenderlo profondamente nel suo sistema di valori, idee, emozioni, percezioni e intenti. Accettazione incondizionata significa apertura nei confronti dell’altro, senza preconcetti, né giudizi, né pregiudizi derivanti dal confronto con la propria visione del mondo: un’ apertura che lascia spazio neutrale a tutte le possibili diversità. La congruenza, infine, è uno stato interiore in virtù del quale il proprio agire non si discosta da ciò che si sente.

Empatia, accettazione incondizionata e congruenza sono qualità dell’anima, qualità che ognuno di noi, da bambino, possedeva, ma poi ha dovuto abbandonare nel momento in cui, crescendo, si è trovato costretto a erigere le proprie difese nei confronti dell’ambiente, cioè degli altri esseri umani. Ritrovare queste qualità significa riconquistare la capacità e la fiducia di potersi aprire e di rimanere lì come si è, di fronte a un altro – in questo caso il paziente – come lui è, e di sentire ciò che è vero per lui in quel momento, sentendolo nella sua interezza di persona attraverso la propria interezza di persona.

Nella visione dell’Approccio Centrato sulla Persona, per rendere possibile questo processo di progressiva risonanza con il paziente, ci sono delle ‘abilità’ sulle quali ci si può esercitare e delle quali ci si può appropriare: per esempio l’ascolto. Dove per ascolto si intende la capacità di vedere veramente l’altro, di comprenderlo nella totalità dei suoi messaggi – siano essi verbali o corporei – di saper fare, quando necessario, silenzio, e di rispecchiare ciò che egli sta dicendo evitando di utilizzare atteggiamenti valutativi (che rientrano nel novero delle cosiddette “barriere” della comunicazione). La  capacità di ascolto, nei termini dell’Approccio Centrato sulla Persona, è la pre-condizione fondamentale di ogni relazione efficace, perché consente al paziente di sentirsi compreso e accolto non solo nel suo malessere fisico ma nell’interezza della sua persona.

Le Tecniche Corpo-Mente-Energia (CoMeTE: Bioenergetica, Costellazioni, Mindfulness e tecniche immaginative, tecniche di consapevolezza corporea, ArtCounseling) si basano sul presupposto fondamentale che il corpo e la mente siano funzionalmente identici: quel che accade nel corpo, cioè, riflette quel che accade nella mente, e viceversa.

Un primo importante corollario di questa ipotesi di base, nell’ottica di quanto scritto all’inizio, è che non è possibile occuparsi del corpo di un paziente senza tener conto anche degli aspetti psichici, affettivi e relazionali della sua patologia.

Un secondo importantissimo corollario è che non solo la mente – attraverso la parola – ma anche il corpo – attraverso lo sguardo, il respiro, la postura, il movimento, le contrazioni muscolari e molti altri grandi i piccoli messaggi – è uno strumento umano di comunicazione. Una comunicazione, ovviamente, non verbale. E questo, a sua volta, ha una fondamentale conseguenza: una volta che abbiamo fatto nostri gli strumenti di ‘lettura corporea’, la relazione con l’altro – in questo caso il paziente – diventa più facile, perché molti suoi messaggi ci arrivano direttamente dal suo corpo, quindi attraverso un linguaggio arcaico ma schietto, non filtrato e deformato dalla parola (che spesso, come è noto, serve a nascondere e/o distorcere più che a rilevare).

E c’è infine un altro aspetto: le Tecniche Corpo-Mente-Energia non si limitano ad offrire strumenti di lettura del corpo dell’altro, ma anche strumenti di lettura di se stessi, quindi di auto-ascolto. Che, in una relazione di aiuto, sono molto preziosi: per stare in contatto con l’altro, infatti è necessario sentire se stessi. Ed è proprio di questo contatto profondo che il paziente ha bisogno.

Riprendendo il tema proposto all’inizio di queste pagine, cioè il bisogno del paziente di non sentirsi spezzato in due – da una parte il corpo da sottoporre a cure, dall’altra la mente, abbandonata a se stessa e alle sue fantasie, spesso controproducenti ai fini del successo terapeutico – diventa chiaro come l’approccio del Counseling Integrato CoMeTE, puntando sulla qualità e sulla totalità corpo-mente della relazione, possa creare i presupposti per un rapporto con il paziente efficace “a 360” gradi. Un rapporto, cioè in cui il paziente avrà la possibilità di non sentirsi soltanto “curato” ma anche accolto, compreso, accettato, ascoltato. E in cui l’efficacia stessa della cura potrà retroattivamente beneficiare di questa umanizzazione della relazione terapeutica.

Valentina Folla, fisioterapista, counselor  professionale

Monique Mizrahil, counselor  professionale