FESTIVAL DELLA BIOETICA 2018: LA FELICITÀ – uomo, ambiente, animali


Santa Margherita Ligure, Villa Durazzo, 27 e 28 agosto 2018.

IL RAZIONALE:

L’interesse per la bioetica si deve al fatto che lo sviluppo tumultuoso delle scienze e delle tecnologie in campo biologico e medico pone continuamente problemi inediti riferibili non solo alle zone “di frontiera” dell’esistenza umana – come la nascita e la morte – ma anche alla vita quotidiana di tutti.

Nel secolo del biotech, viviamo un’epoca di nuovi diritti, tuttavia, non risultano pienamente garantiti alcuni diritti elementari, tra cui, fondamentale, quello alla salute e alla prevenzione della malattia.

Se la “salute per tutti” è indicata come obiettivo in tutte le conferenze mondiali, la gestione delle politiche sanitarie è assunta di fatto da istituzioni finanziarie internazionali che collegano il perseguimento della salute allo sviluppo economico adottando criteri mercantili anzichè, capovolgendo la prospettiva, considerare il miglioramento della salute come una condizione dello sviluppo.

In base alla Dichiarazione Universale sulla Bioetica e sui Diritti Umani (2005) il patto sociale che aveva caratterizzato la nascita del Welfare State dovrebbe evolvere verso un contratto sociale mondiale, generando un passaggio ad una Welfare Community al cui centro non è lo Stato ma la comunità costituita da tutti gli individui che hanno diritto alla piena realizzazione di sè, garantita da istituzioni e sistemi sociali adeguati.

In tal modo, un tema classico della filosofia etico-politica, il ben vivere, rientra pienamente nel campo della bioetica globale, con esiti di grande significato, specie se declinato secondo l’approccio delle capacità teorizzato dal premio Nobel per l’economia Amartya Sen.

Fondamentale è l’idea di fioritura umana che comporta il poter godere di livelli essenziali di benessere e, soprattutto, avere la possibilità di sviluppare quelle capacità – salute, affettività, immaginazione, pensiero, ecc. – che appartengono universalmente a tutti gli esseri umani, la cui attuazione può, tuttavia, essere ostacolata da condizioni economiche, sociali, culturali avverse.

Tale prospettiva può avere riflessi rilevanti per quanto riguarda la valutazione delle biotecnologie e il loro impatto sulle nostre vite.

Il riferimento al ben vivere è un metro di giudizio atto sia a definire le potenzialità positive, gli aspetti emancipatori delle tecnologie della libertà – libertà dal dolore, dalla malattia, dal destino biologico, eccetera – sia a segnalare le nuove sfide che il loro uso o abuso può comportare.

Le conoscenze attuali richiedono una riflessione che tenga conto della rete di relazioni che ci collega alla natura e agli animali, anche in proiezione futura, e che oltrepassi il contesto degli stati nazionali.

Il passaggio da una visione del benessere inteso in senso puramente quantitativo, ad una idea di un “ben vivere” che abbia al centro le capacità dell’individuo e valorizzi il “prendersi cura” di sè, degli altri, del mondo, introduce ad una concezione della biopolitica in grado di garantire ad ognuno la possibilità di gestione del proprio corpo, della propria vita, dei propri impegni professionali in conformità alla propria visione del bene.

Se i dilemmi morali della bioetica costituiscono una nuova frontiera per la politica, anche in prospettiva planetaria, l’assenza del confronto pubblico su tali questioni comporta un deficit di cittadinanza dal momento che un suo effettivo esercizio dovrebbe richiedere un potere di controllo sulle politiche che riguardano la vita nostra, delle generazioni futute e dell’intero ecosistema.

Per questo la sfida che sembra riservarci il futuro prossimo è quella di una cittadinanza planetaria in grado di contribuire a elaborare proposte capaci di produrre carte dei diritti e di progettare istituzioni sovranazionali capaci di tracciare le nuove frontiere della giustizia e rendere concreta la strada per il perseguimento della felicità individuale e collettiva.

GLI OBIETTIVI:

 Il 2018 è stato proclamato l’Anno Internazionale della Felicità. A partire dal lavoro delle N.U. con il World Happiness Report si assiste a un boom di ricerche su tale tema guidato dalla consapevolezza che il PIL—come è stato efficacemente detto–«misura tutto tranne le cose per cui vale la pena di vivere». E’ così che economisti come Jean Paul Fitoussi, Amartya Sen e Joseph Stiglitz hanno cominciato a impiegare l’espressione “indice di Felicità Interna Lorda”(FIL) per misurare il benessere dei popoli.

In questo quadro il Festival di Bioetica intende

–contribuire al diffondersi di un’idea di felicità non come un obbligo—che fa sentire colpevole chi non la raggiunge—ma come una possibilità di vita, ispirata a un’idea del ‘ben vivere’ che abbia al suo centro la fioritura delle capacità personali e valorizzi il “prendersi cura” di sé, degli altri, del mondo;

–promuovere una concezione della bioetica ispirata ai valori fondamentali della società liberale, rispettosa delle differenze, in grado di garantire a ognuno la possibilità di gestione del proprio corpo, della propria vita, dei propri impegni professionali in conformità alla propria visione del bene;

–sostenere la riflessione critica e la capacità di valutazione delle biotecnologie in relazione al loro impatto sulle nostre vite e sulla vita del pianeta, valorizzando, in particolare, le imprese pubbliche e private che fanno della sostenibilità la loro cifra e favoriscono un’innovazione che abbia ricaduta positiva sui dipendenti, le comunità in cui operano e l’ambiente;

-sviluppare un’idea di mercato fondata su un’etica relazionale i cui soggetti sono i cittadini responsabili che, con le loro scelte, possono generare e sviluppare benessere e felicità contribuendo a ridurre le disuguaglianze ingiuste anche a livello globale