La resilienza. Un caso famoso


a cura di Alessandra Bardelli, counselor CoMeTE.

Se la Resilienza è l’insieme di capacità che possiede un essere umano per far fronte alle difficoltà e ai traumi che la vita pone lungo il cammino di un’esistenza, Stephen Hawking, mancato il 14 marzo 2018, le ha possedute tutte. Stephen Hawking, uno dei più illustri astrofisici del nostro secolo, alla diagnosi della malattia che non gli avrebbe dato più tregua per oltre 40 anni, scopre non solo un’improvvisa voglia di fare tutto il possibile, ma anche di farlo in fretta. La sua prognosi era infatti di solo un paio d’anni di vita; e allora di anni ne aveva solo 21!

Disse il suo predecessore Albert Einstein: “E’ nella crisi che sorge l’inventiva, le scoperte e le grandi strategie” ed Hawking prese alla lettera ogni singola parola per tutto il corso della sua vita, sostenuto da un incredibile umorismo, dalla capacità di adattamento e da una rete di risorse interne ed esterne. Anziché farsi sconfiggere dalla malattia, il Professor Hawking ha continuato a tenere viva e attiva la sua brillantissima mente, nonostante il suo corpo lo tradisse ogni giorno, convivendo con i momenti bui e riuscendo a trarre vantaggio da essi poiché, sempre citando Einstein, “la creatività nasce dall’angoscia come il giorno nasce dalla notte”.

Spesso l’esposizione alle avversità diventa, per le persone resilienti, un elemento capace di rafforzare l’individuo piuttosto che indebolirlo. Avere un alto livello di resilienza, infatti, non significa non sperimentare le difficoltà, oppure essere infallibili ma essere disposti al cambiamento, quando necessario; disposti a pensare di poter sbagliare, ma di saper correggere la rotta.

Ma a chi serve sapere di essere persone resilienti?  A tutti, soprattutto quando si pensa di non farcela, ma è altrettanto importante essere convinti che anche gli altri siano persone resilienti.

La Resilienza è un concetto utile a chi deve fare fronte alle difficoltà che incontra, ma lo è in particolar modo, per coloro che devono aiutare gli altri ad esprimere le proprie risorse: sia al medico che all’insegnante, al counselor, all’infermiere, allo psicologo, all’educatore, ai genitori, ai figli, ai nonni … a tutti, proprio tutti. Se si pensa che chi si ha di fronte possa riuscire a superare, grazie alle sue capacità, le condizioni avverse che gli accadono, allora si sarà più pronti a valorizzare i suoi punti di forza all’interno di qualsiasi comunicazione.

Ascoltare una storia alla giusta distanza (anzi, mi vien da dire alla giusta vicinanza ma senza entrare in collusione con i sentimenti di chi racconta) porta a vedere, attraverso rimandi adeguati, quella storia da prospettive diverse.

Chiunque creda, il Counselor nel nostro caso, che il Cliente che ha di fronte è qualcuno capace di risollevarsi dalla drammaticità della propria vicenda, sta già aiutando la persona stessa a risollevarsi, a divenire resiliente per quel determinato trauma, senza presentargli soluzioni ma accompagnandolo alla scoperta delle sue uniche e personalissime soluzioni. Una modalità di ‘stare accanto’, questa, preziosa sia per chi aiuta sia per chi viene aiutato.